E’ uscito il 15 aprile 2024 la raccolta di racconti erotici “Un filo di perle bagnate“ di Proudence Baelish, performer e studios del mondo BDSM, molto attiva nella comunità Kinky italiana e internazionale. La sua scelta artistica è stata quella di autoprodurre attraverso la piattaforma youcanprint.it il proprio testo al fine di salvaguardare l’indipendenza e la libertà dei suoi contenuti.
L’opera raccoglie le esperienze (reali o desiderate) connesse tanto ai più classici fetish quanto al mondo tenero degli ABDL, attraversando le corde del Bondage fino alla castità forzata, senza dimenticare le dinamiche ginarchiche e quelle legate alle relazioni di Dominazione e sottomissione all’interno di un rapporto di coppia. A proposito di ginarchia, sento di dover iniziare l’intervista con l’autrice proprio da questo termine sconosciuto ai più ma che assume nella narrativa della raccolta un significato centrale.
MM: Chi è la donna ginarchica e cosa la differenzia da una mistress?
PB: La Ginarchia è un movimento, che oserei definire politico o se non politico una profonda convinzione filosofica e sociale, secondo cui la vita degli uomini trova la sua completezza al servizio della Donna.
Non si tratta di un discorso di inferiorità o superiorità, ma del proprio posto nel mondo. Molte Donne Ginarchiche, trovano la loro piena realizzazione nel ruolo della Mistress, ma credo che sia per mera convenienza, in quel contesto non bisogna lottare per educare gli uomini alla ginarchia, le cose arrivano e si svolgono in maniera molto fluida. Diventano, insomma, parte del pacchetto di Dominazione.
MM: Perché hai deciso di realizzare questa raccolta e cosa ha ispirato il titolo?
PB: Non c’è un vero perché.
Semplicemente scrivo quando devo “scaricare”, scrivo per svuotare la testa, per canalizzare in maniera meno deleteria possibile le energie che non posso o voglio impiegare in altro modo. E ne escono fuori loro. Il libro è nato perché sono tanti ormai, alcuni davvero vecchi, altri recentissimi. E chi ho intorno preme perché non restino nel mio computer. Del resto, una volta che son già usciti dalla testa… il grosso è fatto, a quanto pare.
Il titolo? Oh no no non ti posso spoilerare nulla. Sarebbe un peccato, altrimenti. E io non sarei sadica.
MM: Che tipo di linguaggio hai deciso di utilizzare?
PB: Il linguaggio che uso per i racconti è molto lineare, i termini accademici sono inesistenti, il vocabolario elitario del BDSM è ridotto volutamente al minimo. Ma il libro è pensato per un target di persone che conoscono me, la mia vita, il mio mondo. Chi non lo conosce e vuol sbirciare, potrebbe restarne traumatizzato!
MM: La lettura dei tuoi racconti è adatta anche a chi è esterno alla comunità BDSM?
PB: Non lo so. Sono sincera. Come anticipavo non si tratta di un manuale o di un saggio, ma neanche di un Harmony. Per cui il rischio esiste ed è altino.
Ma del resto il mio ex schiavo direbbe: i capolavori non sono fatti per adattarsi.
Sono i fruitori che devono sforzarsi, se non lo fanno va bene per loro restare nell’ignoranza.
Io non sono così drastica, è pur vero che se arrivi al mio libro la tua porta è già socchiusa, perché non aprirla del tutto?
MM: C’è un racconto tra tutti a cui sei particolarmente affezionata?
PB: Queste domande non si fanno: è come chiedere se voglio bene più a mamma o a papà!
Ogni racconto porta con sé pratiche reali, affanni concreti, e pensieri realizzati o meno su vari livelli. Qualche “come sarebbe andata se…” e un paio di “avrei potuto farlo, mannaggia!”
La costante resta, anche se avrei potuto giustificarmi con la licenzia del fantastico, la presenza di un consenso entusiasta e negoziato prima di ogni cosa.
E questo è quello che amo di più dei miei racconti e che confido si percepisca dietro ogni parola e pruriginio.
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La foto di copertina del libro è di Silvia Manai.
Per le foto contenute nell’articolo si ringrazia Ula.