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La Strada per Babilonia: un’iniziativa coraggiosa nel mercato editoriale italiano

Per un esordiente è difficile trovare un editore pronto a scommettere sul suo lavoro. La cultura in generale nel nostro paese non ha ancora un ruolo trainante nell’economia e le risorse delle case editrici (di seguito anche “CE”) sono spesso limitate. Il proliferare degli EAP (ossia, Editori a Pagamento) è l’esempio tangibile di quanto la situazione sia drammatica. È un fenomeno diffuso anche in forme più sottili e difficili da smascherare – vedi ad esempio la richiesta di acquisto di un determinato numero di copie o del servizio di editing. Tuttavia è possibile incontrare ancora segnali positivi nel settore, come operatori culturali che stanno cercando di ridare credibilità all’ambiente con operazioni e iniziative coraggiose. Una di questa porta il nome de LA STRADA PER BABILONIA.

Una creatura di Moreno Casciello, fondatore di “Milena Edizioni” e di Alessandra Monaco, con l’associazione culturale “Destinazione Libri”, LA STRADA PER BABILONIA si presenta come una casa editrice non a pagamento strutturata in modo da aiutare gli esordienti a immergersi nel panorama librario italiano. Dalla selezione del manoscritto fino alla vendita del libro stampato, la casa editrice segue l’autore in ogni passo del suo percorso da artista e da scrittore, dandogli la possibilità di farsi conoscere dal pubblico di lettori. Un percorso che è appunto come una “strada” da seguire, per arrivare alla propria realizzazione artistica e professionale. Di questo progetto ne parliamo con Moreno Casciello, uno dei due proprietari della casa editrice.

 

Moreno, qual è il vuoto del mercato editoriale che ha colmato con questo progetto?

Veri e propri vuoti non ce ne sono, in Italia esistono diecimila case editrici, anche se una piccola minoranza è davvero attiva e portatrice di fermento culturale. In ogni caso non bisogna mai intendere l’editoria come una missione, ma come un’attività commerciale che ha a che fare con la cultura e fa della cultura la sua forma di sovvenzionamento. Quest’affermazione comporta che un editore, per essere davvero tale, deve fornire cultura sotto forma di un prodotto commerciale, ma significa anche che non deve vendere aria fritta, o nel nostro caso libro privi di interesse. Per un produttore di automobili lavorare bene significa produrre auto performanti, ma sicure e non troppo inquinanti; per un editore lavorare bene significa vendere libri che lascino emozioni o insegnamenti in chi li legge. Ma mentre misurare la sicurezza di un’auto è facile tramite strumenti e test specifici, misurare il valore letterario e culturale di un libro non è immediato. Solo lavorando bene, titolo dopo titolo, e imparando dalle critiche senza caderne vittima, si può essere apprezzati dal pubblico di lettori sempre più esigenti e diffidenti.

 

Nel sito internet della CE si invitano i lettori all’ “acquisto consapevole”, a cosa si riferisce e perché è così importante?

Innanzitutto il più grande male dell’editoria sono i parenti e gli amici degli autori, che acquistano libri dei loro cari per questioni affettive. Sembra apparentemente un bene, perché riempiono un po’ le casse degli editori, ma alla lunga fanno tanto male. Molti di questi libri non vengono letti, spesso giustamente perché non meritano, e tolgono soldi per libri ben più meritevoli che si potrebbero acquistare in libreria dopo un’attenta valutazione.

Acquisto consapevole è anche la scelta della libreria e in particolare del libraio davvero competente. Si fa spesso coi libri ciò che si fa con l’insegnamento: al posto di rivolgersi a un professore si fanno ricerche su internet; così al posto di chiedere consiglio a un libraio si guardano i consigli dei blogger.

L’acquisto consapevole del libro inizialmente può tradursi in meno vendite e quindi meno incassi per i piccoli editori, ma alla lunga ridare dignità all’oggetto libro può solo far bene a tutti gli operatori dell’editoria.

 

Nella sua carriera ha avuto modo di relazionarsi con molti autori esordienti. Secondo la sua esperienza, quali sono stati i capisaldi dei progetti che si sono rivelati vincenti? Al contrario, cosa ha reso un progetto fallimentare? 

LA STRADA PER BABILONIA è per scelta rivolta solo a esordienti o comunque ad autori che ancora non emergono (non per incapacità, ma per non aver trovato lo spazio adeguato). Lavorare con gli esordienti quindi non mi fa paura, è piuttosto una sfida. Per esperienza posso dire che un autore affermato può far fallire una piccola casa editrice, perché porta con sé tutta usa serie di pretese (dalla richiesta di un acconto, al numero di stampe, alla necessità di un ufficio stampa nazionale adeguato, al rimborso spese per una presentazione, ecc), cose che la piccola realtà non più permettersi e alla fine le spese sono sempre maggiori dei ricavi, qualsiasi sia il numero di copie vendute. Un esordiente raramente causa una perdita economica e se ascolta i consigli dell’editore può vendere anche una quantità di libri che non ci si aspetterebbe. Basta lavorare bene e in sincronia. Alla sua domanda quindi rispondo: una pubblicazione di un emergente è fallimentare solo quando l’autore non ascolta i dettami della casa editrice. Gli autori che hanno venduto di meno nel mio percorso da editore sono stati quelli che mi hanno fatto mille problemi sulla copertina, sull’editing, sulla distribuzione, presentazioni, ecc. Coloro che mi hanno detto sempre sì a tutto, poi hanno venduto. Questo perché le proposte dell’editore sono dettate dalla conoscenza del mercato, quelle dell’autore spesso solo da vanità.

 

Che caratteristiche deve avere un libro per essere considerato papabile dalla sua CE? E quali il suo narratore per essere un professionista col quale collaborare?

Dico sempre che una piccola realtà per crescere non deve vendere una storia, ma un’idea. Un bel libro fine a se stesso lo vende un grande marchio, seguito da critici esperti che ne possano esaltare il valore. Premesso che un libro deve sempre essere scritto bene, oltre a questo deve avere una spinta alla visibilità che solo le idee danno. Bisogna sempre saper rispondere alle domande: perché dovresti consigliare questo libro? In che modo lo consiglieresti? Su quali canali lo puoi consigliare? Non bisogna mai pubblicare libri che non siano in linea col catalogo della casa editrice, perché per quanto possano essere belli, l’editore non saprebbe come consigliarne l’acquisto. Molti autori pensano che la solita frase “non è in sintonia con la nostra linea editoriale” sia una scusa e basta, ma nulla è più vero. Dopo aver letto un buon manoscritto, mi chiedo: “come lo pubblicizzo?” Se non so rispondere a questa domanda, per quanto possa essere bello il romanzo, meglio se lo lascio pubblicare ad altri.

L’autore, invece, da parte sua non deve avere fretta di affermarsi, e non deve mai pensare che l’affermazione possa essere questione di fortuna. Lo può anche essere, ma il presupposto deve essere quello di migliorarsi col duro lavoro. Imparare a scrivere sempre meglio e imparare a interagire con i lettori in modo sempre più empatico. E queste cose si ottengono con l’esperienza, con i successi ma anche con le sconfitte. Ogni critica è una base su cui migliorarsi, per virare nel momento in cui la strada imboccata è sbagliata. E soprattutto bisogna ponderare le critiche. Ho visto autori dannarsi per un commento negativo su Amazon o su un blog gestito magari da un sedicenne, e poi nemmeno si accorgono del complimento di un critico competente, perché magari questo non è stato scritto sul web e non è condivisibile. Lo dico una volta per tutte: i commenti sui libri non servono per essere condivisi, ma servono per farne tesoro e migliorarsi. Sempre se vengono espressi da persone che hanno la competenza per esprimerli, ovviamente.

 

Sempre sul sito internet è riportata la seguente frase: “Il libro è una porta aperta tra autore e lettore, e in entrambi i versi conduce a meraviglie da scoprire”. Secondo lei come deve essere un sano rapporto tra scrittore e lettore? E come dovrebbe intermediare la casa editrice?

Il rapporto tra autore e lettore è molto viziato ormai da due fattori. Il primo sono i social, che permettono di conoscere l’autore in ambiti fuori dalla letteratura e rendono facile interagire con lui; il secondo è che oramai i lettori forti sono quasi tutti scrittori e quindi c’è una mescolanza e confusione tra i due soggetti. Io penso che faccia sempre bene un certo distacco. L’autore deve essere social per pubblicizzarsi, ma deve sempre mostrare di sapere un qualcosa in più del lettore. Deve salire in cattedra, perché altrimenti non da la sensazione di avere qualcosa da esprimere o da insegnare. L’interazione sana è quella che si mantiene sul piano letterario. L’autore a voce non deve mai dire di più di quanto dice col libro. Un autore è scrittore se ci sono più persone che hanno letto il libro, di quante lo commentino.

 

LA STRADA PER BABILONIA ha esordito nel mercato editoriale italiano con i seguenti due titoli: Il Ritorno di Bianca Baratto (romanzo di formazione) e Un battito negli abissi di Antonella Tafanelli (romanzo di denuncia). Cosa ha guidato la scelta di questi volumi?

Dalle risposte precedenti si capisce che per me è importante creare empatia coi lettori. Non c’è nulla che leghi le persone più della formazione e della denuncia – sono due esperienze in cui ci si affeziona tantissimo. E sono entrambe buone cause, quelle per cui in fondo esiste la letteratura. È la storia stessa della letteratura italiana: necessità di denuncia e formazione hanno dato vita ai capolavori del nostro passato.

Author: MelaniaMieli

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